Monday, February 01, 2010

Studiare in America (1)

Ogni tanto ricevo delle e-mail da studenti Italiani che vogliono studiare negli USA per un qualche titolo post-laurea. Ed e' da un po' che mi riprometto di scrivere un post per riassumere le mie idee in merito. Mi sono reso conto che sara' necessaria una serie di post (uhm, una serie di post che non interessano il lettore abituale... sara' mica una campagna pubblicitaria?).

Credo di avere qualcosa di interessante da dire, avendo visto il processo sia dall'esterno (da "applicant": questo e' un termine che si usa per chi fa domanda, e lo usero' nel post perche' non c'e' una parola italiana equivalente) che dall'interno (da membro del dipartimento) come funzionano le ammissioni al dottorato.

Purtroppo, non c'e' un metodo universale che garantisca o persino renda probabile l'ammissione. Quasi tutti gli studenti italiani che conosco hanno dei percorsi individuali del tutto particolari, da cui e' difficile trarre utili generalizzazioni (peraltro e' difficile trarre generalizzazioni da disciplina a disciplina).

Pero' posso spiegare cosa non fare, e indicare gli ostacoli principali a causa dei quali una buona parte delle domande risultano fallimentari. Consideriamo un applicant immaginario/a che chiameremo P.

Ipotizziamo che P. faccia domanda per un dottorato (che e' la domanda piu' difficile da vincere). Per oggi voglio soffermarmi soltanto sulle principali difficolta' che P. incontrera'. Nel prossimo "capitolo", indichero' alcuni accorgimenti che possono ridurne l'impatto.

I) I grandi numeri.

Il principale problema per P. e' che le probabilita' sono basse in partenza. In Filosofia (e non sto dunque parlando di qualche scienza fighetta, ma Filosofia!), il programma medio ammette 5-8 dottorandi l'anno tratti da una base di circa 300 domande. Ovviamente, ci sono programmi molto piu' grandi (matematica a Berkeley ammetteva circa 25 studenti l'anno, ma da una base ancora piu' grande, la business school di Northwestern ha un programma di dottorato che ammette 28 studenti l'anno da un base di 800 domande).

Le probabilita' sono dunque fra l'1 e il 3%, senza considerare se o meno P. parta svantaggiato.

II) P. parte svantaggiato.

In Filosofia si decide l'ammissione essenzialmente sulla base di tre fattori: i voti dello studente, le lettere di raccomandazione (scritte per lui/lei dai professori dell'universita' dove ha studiato), un paper di circa 20-25 pagine scritto dallo studente, e i test standardizzati (tipo GRE).

P. parte svantaggiato in ciascuno di questi fattori.

a) a meno di casi eccezionali (spiegati sotto), le lettere di P. sono scritte da gente ignota al comitato d'ammissione. Al contrario, gli studenti americani spesso hanno lettere scritte da colleghi la cui reputazione, e il cui posto nella professione, sono ben noti.

b) i voti sono espressi in un sistema che l'accademico americano non capisce (per fortuna i voti non contano moltissimo nel processo).

Inoltre, c'e' sempre un po' di paura che una sfilza di 30 e lode possa significare semplicemente che il sistema di valutazione e' molto inflazionato.

DIGRESSIONCINA: Di fatto, in tutto questo processo, ci sono degli enormi squilibri nella percezione degli studenti: uno studente di Harvard con una media di A- appare piu' attraente di uno studente di Bologna (dove io ho studiato) con una media del 30.

Io non so dirvi se questo favoritismo sia giustificato o meno. Come molti, ho trovato gente che aveva studiato a Stanford, Princeton etc. che non aveva il mio stesso livello di determinazione/preparazione (d'altra parte ho anche trovato gente che aveva lauree da quelle universita' e talento praticamente illimitato, come non avevo mai visto altrove). E' anche noto che, nel caso circoscritto e per lo piu' isolato delle scienze, la preparazione italiana e' spesso giudicata molto competitiva. Ma questo non significa che il favoritismo non sia, nel complesso, giustifcato.

Per fare un'analogia sportiva, a volte una societa' di serie A compra un giocatore, diciamo dalla serie A Uruguayana: non c'e' sicurezza che le qualita' mostrate nell'un contesto siano sufficienti a far bene nell'altro. E' utile immaginare le varie commissioni come impegnate da questo punto di vista.

c) P. non e' al corrente dei desiderata accademici nelle universita' anglofone e fa fatica a comporre un paper di 20-25 pagine che sia all'altezza (tutto questo astraendo da potenziali problemi linguistici).

Questo e' un grosso limite delle nostre universita' : in Italia, dipende dall'iniziativa dei singoli docenti se o meno imporre ai nostri studenti di imparare a scrivere testi argomentativi che cerchino di rispondere a un minimo standard accademico (la maggior parte delle tesine scritte nel corso di laurea in cui mi sono laureato conterebbero come plagi nella maggior parte delle universita' americane).

Il problema non si pone con tanta prepotenza nelle scienze perche' in quei casi c'e' molta meno enfasi sulla scrittura.

d) da ultimo, uno svantaggio piccolo che tuttavia esiste: test come il GRE danno un leggero vantaggio "culturale" a chi e' locale.

Nel prossimo post, cerchero' di spiegare cosa si puo' fare per ridurre l'impatto di questi problemi.

7 comments:

palbi said...

Molto interessante!
C'e' da dire pure che (quasi) tutto lo svantaggio iniziale e' colmato dal fatto che un italiano intenzionato ad andare fino in fondo in questa cosa sicuramente non e' il classico bamboccione ma ha, tendenzialmente, una marcia in +.
Aspettiamo la seconda puntata

Demonio Pellegrino said...

Bello. Ad avercelo avuto un post cosi' prima di lasciare la terra dei cachi tanti, tantissimi anni fa.

Unknown said...

...io non l'ho lasciata la terra dei cachi, non avrei mai superato le prove, e questo post me lo dimostra. Però è utile, lo farò leggere a chi si sta preparando a fare il salto!

pecorilla said...

wtf? 20-25 pagine? tu hai scritto 25 pagine quando hai fatto domanda a berkeley?

sono d'accordo con quello che ha scritto palbi, gli studenti italiani interessati che alla fine fanno effettivamente domanda sono probabilmente i piu' motivati e in grado di appianare le loro lacune velocemente. Come anche accade nell'NBA, per fare un altro paragone sportivo, gli americani all'inizio erano piuttosto scettici verso i giocatori d'oltreoceano, poi quando si sono ritrovati i manu ginobili e i dirk nowitzki a decidere i campionati hanno leggermente cambiato politica.

io gradirei un ulteriore post sui perchè meno evidenti per cui fare domanda negli U.S. piuttosto che in Olanda o in Australia (soldi? possibilità di carriera? visibilità internazionale? lifestyle?)

pecorilla said...

(ma ne posso anche fare a meno) :)

Anonymous said...

salve, è la prima volta ke mi imbatto nel tuo blog..e proprio perchè cercavo info su "studiare negli USA".
premetto che io sono una cittadina americana x nascita. anch'io devrei fare TOFEL o simili?
studio sc. politiche e vorrei tanto passare dei mesi in america x approfondire gli studi internazionali..c'è qlk corso che mi suggeriresti? tramite cosa o chi potrei accedere ai test o alle domande?
conta avere dei parenti a boston che mi ospiterebbero?
non so se risponderai (sn passati un pò d mesi da qnd hai scritto) cmq t ringrazio.

Anonymous said...
This comment has been removed by a blog administrator.