Monday, February 18, 2008

La terra divisa.

Non ho visto abbastanza da poter commentare sul resto, ma la parte di America in cui vivo non sembra razzista--almeno a prima vista. Le scene da autobus che si vedono in Italia sono inimmaginabili qui. Inoltre, io non so se ci siano discriminazioni negli strati piu' alti della societa', ma certamente a livello di middle class, ogni episodio di discriminazione e' causato da mancanze degli individui, non da tratti strutturali della societa'.

Sebbene non ci sia un certo tipo di pregiudizio c'e' una certa divisione. E questa un po' mi disturba.
Questa e' la Black Oakland: le zone rosse rappresentano le zone con piu' popolazione african-american (La mappa e' tratta da questo sito che contiene i dati per altre categorie etniche.)

e questa e' la White Oakland.


Non serve un'analisi statistica troppo sottile per rendersi conto che, pregiudizio o no, c'e' una sorta di segregazione residenziale (nota: il puzzle non e' completo con queste due immagini: il sito che ho linkato identifica chiaramente anche la zona asiatica a la zona latina). Francamente, vista cosi', non si capisce bene da dove venga il "melting" in melting pot. Sono sicuro che c'e' una letteratura sterminata (accademica e non) sulle cause di questa situazione, e non ho troppa voglia di speculare in merito.

Oltre alla segregazione residenziale (e forse l'avevate gia' capito guardando i Simpson (a meno che non siate anche voi negli USA :) )) c'e' anche una sorta segregazione occupazionale. Qua non ho dati statistici sostanziali, ma sarei davvero sorpreso se non saltasse fuori che la maggior parte dei cuochi (nei ristoranti non-asiatici di livello medio basso...inclusi molti ristoranti italiani) sono latino-americani, la maggior parte degli autisti (autobus, taxi) neri, e la maggior parte di tintorie, sarti etc. asiatici.

In America assumere personale basandosi su elementi razziali (o persino di sesso o eta') e' proibito dalla legge. Probabilmente, alla fine questi elementi finiscono per influire ugualmente, ma questo non spiega la segregazione occupazionale. Molte delle tintorie asiatiche sono piccoli business, e sono possedute dalla famiglia che vi lavora. Ma perche' non si trovano altrettante tintorie latino-americane? Ma perche' un ristorante italiano dovrebbe preferire un cuoco messicano a uno etiope o cinese?

Questa divisione occupazionale e' un fenomeno davvero bizarro. Io una mezza congettura su come spiegarla ce l'ho, ma non so se v'interessa...






15 comments:

nonsisamai said...

molto interessante questo post. da quando vivo qui anch'io ho riflettuto molto su queste cose.
forse le scene da autobus italiano che citi (pietose) qui non si vedono, ma guarda te sugli autobus -almeno qui a dallas- ci sono praticamente solo afroamericani e latini...

Unknown said...

A me interessa la mezza congettura...comunque per quanto riguarda la divisione degli spazi urbani, devo dire che molte cose s'intuiscono bene anche dai film...

Moky in AZ said...

Ho vissuto per 9 anni in un paesino di fronte all'Atlantico, molto molto snob. Lo chiamavo "white chocolate town": c'erano 3 bambini asiatici (tutti adottati da famiglie caucasian), e per 2 anni c'e' stata una famiglia african-american che non so bene da dove fosse arrivata e dove sia poi andata. Le tasse di proprieta' erano molto alte, il costo delle abitazioni pure... le scuole erano considerati dei gioielli (almeno in superficie). Avevo fatto amicizia con una signora del Ghana che faceva da badante (credo che questo sia il termine) ad una vecchierella riccona li' vicino. Una volta mi e' venuta a cercare e mi chiamava dalla strada, io non c'ero e se ne andata.... non ho fatto in tempo a tornare ed avevo 3 vicine di fronte alla porta di casa preoccupate che qualcosa di brutto mi fosse successo! I contatti con persone di altra etnicita' erano cosi' rari, che quando i miei bambini hanno iniziato la scuola qui (ed e' una citta' multicolore, essendoci migliaia di militari), cercando di descrivere i suoi nuovi compagni, la mia piccolina mi dice :"then there's Michael, he's brown..."
Poi c'e' da ricordarsi che la discriminazione, o meglio il raggrupamento etnico (stile Little Italy di cent'anni fa) fa gioco sia a chi ci sta fuori sia a chi ci sta dentro... Questa e' la mia esperienza.

Fabrizio Cariani said...

nonsisamai: la demografia degli autobus e' molto interessante da queste parti--in parte perche' Berkeley e' una citta' di studenti e hippie mai pentiti, entrambe categorie che vanno in autobus.

cosi' quando torno a casa dall'universita', l'autobus fa 8 miglia e comincia quasi completamente bianco, poi, piano piano, cominciano a salire gli afro-americani. e' stata una delle prime cose che mi hanno fatto pensare alla segregazione residenziale. Ovviamente ci si divide di nuovo una volta arrivati ad Oakland. Ma ho visto la cosa che tu dici, per esempio, a LA...

alice: ci vuol troppo a spiegarla la congettura, ci provo un'altra volta.

moky: infatti, mi pare che la tua esperienza sia in gran parte compatibile con la mia. non la chiamerei propriamente discriminazione... ma piu' una sorta di ripartizione/isolamento. e, come dici, sicuramente ha dei vantaggi, ma mi chiedo se vi siano modelli allternativi...

Anonymous said...

Mi dispiace per la congettura.. spero comunque in futuro tu possa scriverne.
Posso dirti che sto leggendo un romanzo davvero splendido, J. Lethem, La fortezza della solitudine.. Racconta dell'adolescenza di un ragazzino bianco nella Brooklyn degli ultimi anni '70..completamente afroamericana.Lethem descrive con ironia e ottimo acume cos'è e cos'è stato il lato "sbagliato" del ponte..
Molto interessante!
(Esiste un documentario italiano "Il lato sbagliato del ponte" in cui Lethem e altri due scrittori parlano della questione.. cinematograficamente banalotto, ma gli autori coinvolti sono intriganti).

Tv, film ecc., effettivamente rendono chiaramente atto di quello di cui parli.

Ma la congettura.. no?

Saluti!

A.

Back in the USA said...

Invece io che ho vicini che vivono in California e vengono in Idaho a respirare aria pura so che il razzismo contro i messicani e' feroce in California.
L'Idaho e' uno stato prevalentemente bianco e razzista ma io non ho mai assistito a nulla di spiacevole, solo nasty letters sul giornale contro il governo e i messicani in generale....

Fabrizio Cariani said...

A.: adesso, m'hai dato un'altra cosa da leggere! Fra l'altro Oakland ha dei notevoli aspetti di somiglianza con Brooklyn.

Koala: non volevo negare che vi fosse del razzismo, quanto piuttosto attribuirlo al comportamento individuale, piuttosto che al comportamento collettivo, e puntare l'attenzione su questi altri due fenomeni. Ma hai ragione, comunque che a San Diego (da dove Angeline viene, si respira un'aria molto diversa da questo punto di vista).

Moky in AZ said...

Volevo solo puntualizzare una cosa: in California il risentimento verso gli immigranti per lo piu' messicani nasce dal riconoscere che questa dei centro-sud americani e' l'unica emigrazione che richiede "cure" particolari, tipo classi separate nelle scuole dove viene insegnato in spagnolo, invece che in inglese... insomma, e' un risentimento che si sente ovunque, per esempio nella famiglia di mio marito, si parla di quando i nonni sbarcarono ad Ellis Island, non c'era nessuno che parlava italiano, i loro figli dovevano parlare inglese e americanizzarsi... ci sono posti in California dove gli immigranti vivono qui da anni e non parlano 1 parola d'inglese (esempio, Oxnard... ho vissuto a Ventura x 5 anni, quindi ho esperienza diretta). Questa e' una delle ragioni piu' grosse per il risentimento di molti californiani e non verso gli immigranti messicani e ispanici in generale.

Fabrizio Cariani said...

moky: se intendi che i latino-americani sono gli unici a parlare costantemente nella loro lingua, la cosa non e' del tutto vera. Lo fanno, per esempio, molti degli immigrati asiatici.

E' vero quello che dici che molte scuole offrono educazione bilingue in Inglese e Spagnolo, almeno per i primi anni delle Elementari.

Moky in AZ said...

Fabri, intendo dire che imparare l'inglese non e' una necessita' perche' tutti o la maggioranza dei segnali sono in due lingue... per quanto riguarda le scuole elementari, io avevo moltissime amiche che sceglievano di pagare scuole priavate perche' le scuole pubbliche dovevano "rallentare" i loro programmi per aiutare i bambini mono-lingua... poi e' stato "superato" il problema con l'aggiunta di classi in spagnolo... perche' non chiedi che difficolta' sta avendo la filgia di Koala che e' italiana in una scuola americana in Ohio e sta imparando pian pianino l'inglese... nessun trattamento di favore per lei, niente classi separate... per quanto riguarda gli asiatici, io avevo questa vietnamita in NJ che mi faceva le unghie, lei e il marito. Parlavano in inglese... almeno ci provavano, io non capivo mai una mazza e annuivo e dicevo "uh uh". I figli (una era in classe con la mia) parlavano in vitnamita, a volte in inglese, con i genitori e in inglese PERFETTO con il resto del mondo... non e' il solo parlarlo tra di loro, e' il non volere o riuscire ad imparare la lingua del paese che li ospita o che li adotta. Niente classi in vientnamita per questi bambini... perche'?

Fabrizio Cariani said...

Moky...penso che in linea di massima tu abbia ragione e che l'educazione bilingue nel complesso sia stato un tentativo fallito--del resto ormai e' difficiilissimo avviare un programma di educazione bilingue in stati come California o anche Arizona. Siamo un po' OT, ma secondo me alcune delle tue osservazioni vanno rettificate:

- quando si parla di "latino-americani" in realta' si parla di almeno tre categorie *completamente* diverse.

Ci sono gli immigrati di n generazione (n>1): molti di questi si stabilizzano. In questo settore, ci sono molte famiglie di quanto tu non sembri credere in cui figli sono *obbligati* a parlare in inglese dai genitori (le figlie non sono sempre cosi' fortunate, ma questo e' un discorso diverso).

La seconda categoria sono gli immigrati appena arrivati. Di questi alcuni hanno difficolta' a stabilizzarsi (trovare lavoro fisso etc.) e non hanno modo di pensare al futuro dei loro figli.

La terza categoria sono gli immigrati illegali. Ce ne sono tantissimi dall'america latina, qualcuno dall'est europeo e pochissimi altri. I figli degli immigrati illegali hanno anch'essi diritto e accesso all'educazione pubblica.

Sono quelli della seconda e terza categoria che, per lo piu', non imparano l'inglese.

- esisto scuole pubbliche in cui il paradigma bilingue viene portato avanti con l'inglese e un'altra lingua che non e' lo Spagnolo: un esempio e' la Chinese Bilingual Academy a San Francisco.

Moky in AZ said...

Fabrizio, io parlo di scuole pubbliche della maggioranza delle contee degli US, le scuole pubbliche dove vanno i miei figli, per le quali pago tasse, come per altri issues, San Francisco e' all'avanguardia. Non siamo OT, se si vuole integrazione intesa in questo paese, allora deve esserci
1) la volonta da parte della maggioranza "white" di integrare le minoranze
2) la volonta' da parte delle minoranze di essere integrate, quindi imparare la lingua etc.
Una mia carissima amica insegna ESL a Oxnard, appunto, e i suoi studenti sono per la maggioranza adulti ispanici, messicani per lo piu', direi quasi tutti legali. Probabilmente alcuni illegali. Sono quasi tutti emigrati di prima generazione, cioe' sono arrivati da poco. Questi sono come gli emigranti italiani di cent'anni fa, hanno voglia di imparare e muoiono dalla voglia di migliorarsi, hanno speranze per il loro futuro e quello dei loro figli. I figli di questi immigranti, 2a generazione o piu', non sono ne' carne ne' pesce, sono i cosiddetti "cholos"... sono quelli che si sentono sradicati dalla propria cultura e quindi la propugnano ovunque si trovano, sono quelli che nelle marce per il memorial day, marciavano con la bandiera del Messico e urlavano "viva mexico"...Quindi immaginati cosa pensavano gli Americani quando vedevano una scena del genere... Sono quelli che, nel centro aiuto immigranti (gestito, ovvio, da messicani), quando dovevo farmi fare le foto per la prima green card, prima che fossero digitali e quando solo in alcuni posti le facevano, mi hanno fatto aspettare piu' di un'ora mentre il mio bambino di 8 mesi strillava, facendomi passare avanti tutti quelli di apparenza sud americana, e poi quando ho osato dire qualcosa mi hanno urlato dietro... Fabrizio, il razzismo e' una bestia nera, ma spesso non e' una strada a senso unico...

Fabrizio Cariani said...

"Fabrizio, il razzismo e' una bestia nera, ma spesso non e' una strada a senso unico..."

non l'ho mai negato! sono d'accordo con lo spirito, sebbene non con la lettera, delle tue posizioni.
Una delle ragioni per le quali cerco di evitare questi temi e' che tutti abbiamo opinioni molto dettagliate in merito, ma, nei commenti ad un post, se ne possono tracciare solo le grandi linee.

Per questo a te sembra che io abbia una posizione che, in cui, in realta', non mi riconsco.

Moky in AZ said...

FAbri, ti capisco e la tua posizione e' a la mia... Scusa se ti ho rotto le cosiddette.... la nostra sepranza e' che cooperazione e compassione da parte di tutti un giorno porteranno ad una vera integrazione e alla sconfitta del razzismo su tutti i fronti. Hugs (are you watching the oscars?...)

Anonymous said...

imparato molto