Friday, January 25, 2008

Self-Management.

Insomma, vi parlavo recentemente di procrastinazione. Mi sono reso conto di non avervi mai parlato esplicitamente della procrastinazione strutturata. Per fortuna, John Perry, filosofo di Stanford e (che io sappia) ideatore del concetto, ha scritto un saggio divertentissimo sull'argomento. Sospetto che una certa tendenza alla procrastinazione strutturata sia un denominatore comune dei blogger.

Comunque l'idea (in una sintesi un po' incasinata) e' che al fine di evitare di impegnarsi nel completare i suoi obblighi principali (e.g. scrivere una dissertazione), il procrastinatore strutturato si carica di tutta una serie di obblighi/impegni secondari (e.g. scrivere una lettera all'amministrazione, chiamare la compagnia telefonica) su cui impegnarsi, cosicche', alla fine della giornata, e' riuscito a fare "qualcosa", ma non la cosa importante.

Fin qui, ne avevamo piu' o meno gia' parlato (anche se il saggio di Perry e' consigliatissimo, e mi fa ridere ogni volta che lo leggo).

Nell'ultima settimana ho scoperto, una nuova sfaccettatura di questo fenomeno (o meglio, il suo opposto). Da quando sono ritornato dall'Australia ho avuto qualche mese un momento di pigrizia mentale irrefrenabile. Questo momento si sta avvicinando al termine; lo sento chiaramente nel mio corpo e nella mia mente.

La ragione, sospetto, e' che sto seguendo un corso che con la mia vita accademica non c'entra assolutamente nulla. Mi sono iscritto, per ora almeno, ad un corso di Computer Science (modestamente definito dal professore: "The best CS course in the world") sulle fondamenta concettuali della programmazione. Quando l'ho detto al mio relatore John, ha storto la bocca e ha commentato: "You know, that could be a time consuming hobby...". In linea di principio ha ragione, ma una sola settimana di questo corso ha riattivato il mio cervello e ora il lavoro sta progredendo speditamente anche sulla tesi.

Puo' darsi che alla fine debba effettivamente abbandonare il corso di CS, ma finche' dura...

8 comments:

Anonymous said...

Se potesse, penso mia moglie mi venderebbe al mercato dei collezionisti di "Corpi vivi in decomposizione" per seguire i corsi della tua università senza.. procastinare mai -ha una capacità di attenzione/lavoro che ricorda l'abnegazione di Gattuso ai mondiali.

Per quanto mi riguarda io modificherei lievemente il concetto: essendo le mie "faccende principali" delle idiozie espanse, gli impegni secondari tendono a sostituirsi ad esse. Dunque chiamare la compagnia telefonica, aggiornare il blog ecc., mi si impongono come la cosa importante da concludere e per cui ..procastinare nel lavoro.

A.

nonsisamai said...

l'ho sempre sostenuta anch'io questa cosa: per ripartire e' fondamentale trovare stimoli nuovi, magari cambiando aria o magari buttandosi a studiare come hai fatto tu qualcosa di nuovo. bravo e in bocca al lupo per la tesi :)

Moky in AZ said...

E' pur sempre un hobby che potra' darti dei vantaggi e aprirti altre porte...

Fabrizio Cariani said...

a.: da come la descrivi, tua moglie m'intimidisce un po'...

nonsisamai: certo, forse se mi fossi iscritto ad un corso di cucina, oppure di fotografia (entrambe cose che voglio fare!), avrei fatto una cosa piu' convenzionale, ma c'e' tempo anche per quello.

moky: si', ma il mio advisor ha ragione, in questo momento il mio obiettivo principale dev'essere assicurarmi che la "porta filosofica" sia bella larga.

NotreAnne said...

l'articolo è divertentissimo, ma appunto poi nasce il problema del quanto il nostro inconscio sia in grado di anticipare e quindi controbattere annullando le nostre strategie future in un gioco potenzialmente senza fine e senza nulla fatto. Ma queste son pensieri inutili da ex economista che il corso di teoria dei giochi mica lo capivo molto.
Quello su cui son d'accordo è che avendo più cose da fare - anche se si rimandano le importanti- almeno si evita il sentirsi come un potato couch...

Aelys said...

Ma la "porta filosofica" mica diventa più stretta se ti dedichi anche ad altre attività! Hai abbracciato la visione americana per cui è possibile far coesistere hobby e passioni completamente diversi tra loro e chissà che, proprio come gli americani, non ti risvegli un giorno decidendo che vuoi abbandonare la carriera del filosofo per diventare un programmatore a tutti gli effetti! Non ti ci vedrei molto (almeno da quel poco che ti conosco), ma sarebbe un fantastico spunto per un film... :)

Fabrizio Cariani said...

anja: hai messo il punto alla perfezione. il problema e' esattamente non sentirsi potato couch!

aelys: in realta' fra il mio lavoro e il lavoro del computer scientist c'e' relativamente poca differenza. ma hai ragione c'e' una cosa del lavoro del programmatore che proprio non riuscirei a sopportare: non riesco a immaginarmi a dipendere da qualcuno. ovviamente, sul mio lavoro pesa il giudizio altrui, ma in modo completamente diverso.

Anonymous said...

"non riesco a immaginarmi a dipendere da qualcuno. ovviamente, sul mio lavoro pesa il giudizio altrui, ma in modo completamente diverso."

Ah, quanto hai ragione.
non sono un programmatore ma lavoro sulle architetture dell'informazione con i programmatori..E sono condannato al giudizio di persone talmente vacue da causarmi odio feroce. Che ovviamente reprimo nel nome della pagnotta..

A.