Monday, May 31, 2010

Manifestazioni

Questo post e' "in canna" da quasi un mese, ma non ho mai avuto tempo per scriverlo. Il 1 Maggio e' passata sotto casa mia la piu' grande manifestazione che io abbia mai visto negli USA.

Dovete sapere che io non sono proprio un tipo da manifestazione: non sono politicamente apatico (anzi ho sin troppe opinioni), e' che a parte in casi estremi la dimostrazione simbolica non m'intriga quanto il dibattito razionale.

In parte, ovviamente, e' deformazione professionale. Pero' le manifestazioni m'intrigano come fenomeni di colore, e il colore negli USA e' di solito un po' scialbo.

Il problema fondamentale e' che alle manifestazioni vanno in pochissimi. Il mio primo anno a Berkeley ricordo che un giorno ci furono due manifestazioni ai lati opposti del campus (una pro-palestina e una pro-israele: in piena tradizione americana la polizia fece si' che non s'incontrassero).

Le ricordo entrambe e c'erano forse 1000 persone in tutto (erano in piu' a quella pro-palestina).

Lo stesso vale per le manifestazioni al di fuori dell'universita': 500 persone in una piazza (di solito la piazza del municipio) con qualche cartello a spiegare le ragioni della protesta.

E' per questo che il primo maggio sono rimasto colpito dall'enorme manifestazione che e' passata sotto casa mia.
Protestavano contro la legge anti-immigrazione dell'Arizona ed erano letteralmente migliaia.

45 minuti abbondanti di corteo, l'immagine non rende loro giustizia ma erano davvero tantissimi!



E poi, proprio verso la fine, e' passato un cartello che proprio non potevo mancare.

Sunday, May 16, 2010

"I gotta go to a meeting."

Sono sparito ma ci sono ancora, mezzo sepolto dal mare d'impegni.
L'incazzatura della settimana mi e' venuta sul treno. Stavamo per arrivare in stazione ad Evanston. Tutti tranquillamente in fila per uscire, e una tipa comincia a sgomitare. Giuro sposta, una vecchietta con tanto di bagaglio.

A questo punto un tipo le fa notare l'ovvio: dobbiamo tutti scendere alla stessa fermata. A questo punto lei si raddrizza (la posizione precedente era un tentativo d'incunearsi fra i due tipi), sfodera un'espressione che piu' acida non si puo' e grigna: "Yes, but I gotta go to a meeting".

Ora se avesse detto: "Yes, but I need to catch another train", o "yes, but I need to save the world", ci sarei pure stato. Ma un meeting???? Mi stai dicendo che ridurre di 5-10 secondi il tuo ritardo nel meeting giustifica asfaltare l'intera fila di passeggeri?

Wednesday, May 05, 2010

Il libretto

Ieri sera pensavo: "non sarebbe piu' facile dare i voti agli studenti se sapessi che voto si aspettano?". E a quel punto mi e' tornato i mente che i professori in Italia hanno modo di sapere il voto che lo studente si aspetta: il libretto.

Quando ero studente avevo accettato la pratica del libretto come l'ordine naturale delle cose. A distanza di una decina d'anni, e di un oceano, mi pare una prassi completamente assurda.

Come molte cose in Italia serve a facilitare decisioni difficili (credetemi, dare una B+ o una A- negli USA e' spesso una decisione difficile), ma in un modo completamente bizarro.

Per prima cosa si istituisce una sorta di status quo (i miei genitori mi ripetevano sempre: "e' importante andare bene nel primo anno"), e il libretto viene usato negli anni successivi per perpetuarlo.

Quando ho fatto l'universita', in realta' c'erano diversi professori "illuminati" che si rifiutavano di guardare il libretto prima di dare il voto.

In secondo luogo, non ha alcun senso usare il risultato di un esame X per pregiudicare l'esito dell'esame y.

Infine, l'uso del libretto e' particolarmente iniquo verso quegli studenti che cominciano l'universita' senza troppa convinzione, ma acquisiscono interesse e motivazione con il corso degli anni (a giudicare dall'universita' americana, ce ne sono tanti).

Angeline mi dice che uno dei suoi professori predica che il sistema di educazione americano e' il sistema che continuamente offre seconde chance. Probabilmente vero, ma mi piacerebbe vedere un sistema di educazione in Italia che sia piu' rispettoso della performance individuale dello studente.

[poi un'altra volta parleremo dei "quadri" nella scuola superiore, e di come sia completamente inimmaginabile per un americano rendere pubblica l'informazione che uno studente e' stato bocciato]