Monday, January 21, 2008

Le Osservazioni Aeroportuali (parte n)

(mi ci vuole troppo a cercare tutte le parti precedenti.)

Il mio aereo da Roma a Washington ha accumulato due ore di ritardo a causa dei "venti avversi". Cosi' ho perso ben due voli per SF. In questa situazione si e' trovata la maggior parte dei passeggeri. Questo e' normale: in ogni volo transoceanico, la maggior parte dei passeggeri ha una destinazione ulteriore. Le compagnie sono altamente preparate per questa evenienza, e so che mi piazzeranno sul prossimo volo disponibile. Me ne sto tranquillo e aspetto che tutto si sistemi.

Il problema e' che, comprensibilmente, il passeggerio medio, chiamiamolo Mario, ha poca familiarita' con i voli transoceanici e la frequenza con cui accumulano ritardi. Mario sa di avere una coincidenza che parte 2h , 30 min dopo l'orario d'arrivo ufficiale del suo primo volo. Considerando il ritardo di due ore, Mario non ce la fara', sebbene speri di poter attraversare l'intero aeroporto. Il problema e' che Mario e' (i) irritato per il volo che ha perso (ii) ha paura di non essere in grado di partire in tempi brevi, e magari di rimetterci anche dei soldi. A questo punto, Mario comincia a innervosirsi.

Chiama una hostess. La hostess gli da' una rassicurazione generica, che non lo libera dall'incertezza. Per giunta, lo fa con il paternalismo dell'insegnante che spiega al ragazzino di prima elementare, che la mamma arrivera' alle cinque. Pochi minuti prima dell'atterraggio, Mario prova con un'altra hostess; stessa storia.

Una volta arrivato al gate, Mario raduna velocemente i bagagli. Si fa strada spingendo e guadagna forse due posizioni. Comincia a correre, gira un corridoio, e ... si trova davanti a una gran folla: la fila per il controllo passaporti/visti/documenti etc. (che gli Americani chiamano, pittorescamente, Immigration). Mario non e' fortunato: oggi la fila per i non-residenti e' un serpentone di sette/otto anse. Ci vorra' almeno un'ora per passare dall'altra parte. Mario comincia a cercare di parlare alle persone che lavorano nella zona dell'Immigration--ignaro del fatto che si tratta dei piu' crudeli individui che il governo americano e' riuscito a trovare. Gesticolando enfaticamente, spiega che il suo aereo parte fra 5 minuti, e lui altrimenti non sa che fare. Ma l'impiegato, anch'egli con una punta di superiorita' e il tono di chi finalmente puo' esercitare il potere maturato con la sua posizione, lo rimette in fila senza troppe spiegazioni.

A questo punto, Mario vive una delle ore piu' irritanti della sua vita. E' preoccupato, incazzato e stanco. Arrivato alla fine della fila, scopre di aver completato l' I-94 sbagliato--quello bianco invece di quello verde--cosi' si prende un altro paio di insulti dal poliziotto incaricato di controllare i suoi documenti. Questo e' un suo errore, ma nella situazione aumenta la sua frustrazione.

Passato dall'altra parte, raccoglie le sue valigie, passa la dogana senza problemi (eccetto il suo stato emotivo, s'intende), e finalmente scopre che la compagnia lo aveva gia' sistemato sul volo successivo e, in fondo, non c'era ragione alcuna di preoccuparsi.

Ok. Vi ho disegnato un Mario un po' apprensivo, e forse alcuni di voi non vi si riconosceranno minimamente. Ma, secondo me, il suo stato d'animo e' perfettamente comprensibile. La mia impressione e' che le compagnie aeree e gli aeroporti facciano poco per spiegare quello che per loro e' un semplice automatismo.

Mi piacerebbe invece che dessero una spiegazione sistematica, con tutti i disclaimer del caso, dei meccanismi che vengono messi in moto quando l'aereo e' in ritardo. Questa spiegazione puo' essere tranquillamente data a bordo dell'aereo (per esempio, puo' sostituire la sezione della rivista in cui vengono date nel dettaglio le piantine degli aeroporti: ma, dico io, chissenefrega!). Metterebbe il cuore in pace a Mario e a tanti come lui.

12 comments:

Unknown said...

...un notevole pezzo di bravura, caro Fabrizio. Dopo questa giornata di esami (16 persone interrogate da solo, di cui una di queste mi ha pure apostrofato con un "dio La benedica", costringendomi a un piu' stretto contatto coi gioielli di famiglia), mi hai decisamente regalato un sorriso!
Il meglio e' senz'altro l'enunciato: "Mario non e' fortunato".

NotreAnne said...

Questo è un post sacrosanto Fabrizio, davvero. Io ogni volta mi sento male per il povero Mario, poi cerco di parlargli, se non fosse che ogni tanto ti becchi maledizioni pure tu.
Le compagnie aeree dovrebbero cercare di fare un po' education su questo, ormai che è diventato normale passare mezzore all'immigration e reimbarca i bagagli...
se non ti spiace io questo post lo linko a me, è del tutto necessario

nonsisamai said...

hai ragione. nel mio ultimo volo ho salvato una ragazza argentina dalla stessa situazione. se uno non parla inglese poi e' davvero impossibile capirci qualcosa...

Anonymous said...

gran post! l'ho seguito con condivisa ansia. non ho mai trasvolato l'oceano ma mi basta tornare ogni tanto a Bari per sentirmi Mario..(con l'aereo o col treno è uguale..provati entrambi..rivoluziona il concetto di distanza).

A.

Unknown said...

Alla fine credo proprio che Mario possa identificarsi con mia madre (forse lei sarebbe ancora più ansiosa!!!)...e con tutti quelli che, come me, non sono abituati a questi voli...ammetto che un po' di ansia prenderebbe anche me...comunque è molto, molto divertente questo post :)

Anonymous said...

Bellissimo! Hai ragione, però. Bisognerebbe che certe informazioni venissero date. Bisognerebbe anche farlo presente nelle sedi preposte.

Fabrizio Cariani said...

caspita che successo questo post!

Federico: che scena Felliniana (mi riferisco al tuo studente)!

Anja: se vuoi linkare il post, mi fai solo piacere! hai ragione sul fatto che Mario e' un po' suscettibile, anche quando provi ad aiutarlo.

Nonsisamai: se uno non parla inglese sono dolori. agli amici dei miei genitori che hanno visitato con loro, e che sono ripartiti indipendentemente, e' accaduta una storia incredibile, che forse un giorno raccontero'...

A.: ma a questo punto dovresti essere ben abituato, no?


katika: la cosa incredibile, e' che ti ripetono senza pieta' le misure di sicurezza (la maschera che salta fuori dal compartimento sopra il tuo sedile, il giubbotto sotto al sedile...) ma per queste altre cose non c'e' nulla.

Emanuele Cauda said...

Fabrizio ...grande post e condivido appieno.
Ma non vi siete mai accorti che man mano che passa il tempo ci trattano sempre piu' come quelli che arrivavano in nave all'inizio del 1900. In realta' lo siamo, cabina di terza classe, prego.

Aelys said...

Concordo con Emanuele, vedo sempre meno rispetto per il passeggero da parte delle compagnie aeree, soprattutto di quelle americane. Il Mario peggiore che ho mai incontrato era una signora siciliana di una certa età che andava a trovare il figlio a Chicago e che ovviamente non parlava una parola di inglese. Si agitava e mi si aggrappava addosso così tanto che ha finito per cadere da una scala mobile in aeroporto, trascinandosi dietro me e i cannoli siciliani trasportati clandestinamente.

pecorilla said...

lungo

Moky in AZ said...

... povero Mario, aka Average Joe, se solo avesse piu' fiducia nella provvidenza... o nel sistema... o piu' esperienza in materia "voli"... Forse dovrebbero creare un corso proprio per chi e' un rookie del volo, dove vegono spiegate la dinamica degli orari e delle coincidenze, cosa fare in caso di ritardo etc... Hai ragione per quanto riguarda gli impiegati dell'Immigration... probabilmente a livello medio-basso del paybanding, vedono migliaia di turisti/emigranti tutti i giorni e non hanno nessuna compassione ne' desiderio di aiutare i vari Joe Schmuck o Mario che si presentano allo sportello con problemi!! Post semi-divertente, un moderno Toto' e Peppino a Milano...

Fabrizio Cariani said...

emanuele e aelys: secondo me anche le distanze fra le linee di sedili in seconda classe sono diminuite in modo appena percepibile. comunque, devo dire, che proprio *mal*trattato non mi sento; pero' mi sento spesso trattato con sufficienza.

edoardo: se vuoi te lo invio a puntate. :P

moky: come ho scritto, c'e' un formato naturale per il "crash course" in questione: basta metterlo sulla rivista della compagnia, magari in un paio di lingue.